Presentazione a Palazzo Ducale
2014
Il 10 Marzo ho fatto una conferenza a Palazzo Ducale, la prima di un ciclo organizzato da Giovanni Filocamo e dal titolo Non solo numeri, con bellissimo sottotitolo Matematica a Palazzo. Per chi fosse interessato, ecco il link al programma…
http://www.palazzoducale.genova.it/naviga.asp?pagina=87050
Di solito metto le mie presentazioni nelle sezioni di scienza o di divulgazione, ma questa volta ho deciso di metterla in un articolo nella home. Il perché è molto semplice. Una conferenza a Genova per me ha sempre un sapore diverso, figuriamoci poi se la conferenza è ospitata a Palazzo Ducale! Perché è così diversa, al di la della semplice considerazione che sono genovese? Intanto, tornare nella propria città d’origine non è esattamente un’emozione qualunque. Le origini contano, eccome. Mi ricordo benissimo ancora adesso la sensazione di quando, venticinque anni fa, sono tornato dalla California, dove speravo di restare almeno un anno in più. Nei momenti in cui non era chiaro se sarei potuto rimanere, pensavo con forza che se fossi tornato allora mi sarebbe piaciuto tornare a Genova. In realtà, quando sono tornato, ben lungi da me la sola ipotesi di trasferirmi di nuovo in Liguria, anche se avessi potuto! Questo per dire che so che a volte ci culliamo in sensazioni e pensieri che non reggono alla prova dei fatti: per me il lavoro è molto importante e non avevo dubbi allora, una volta tornato, dove volevo stare…però Genova era nel cuore, lo è ancora oggi, anzi oggi più di allora; tornare in città non significa solo incontrare i parenti e gli affetti, rivedere qualche persona che non vedevo da tempo, incontrare uno dei figli (che sono felicissimo abbia fatto il mio percorso inverso…), significa fare dei dolci conti con quello che ero più di trent’anni fa.
Lunedì dunque il mio appuntamento con Palazzo Ducale è stato emotivamente importante. Tra le altre cose, vorrei ringraziare Giovanni Filocamo, non solo per avere pensato a me come a uno degli oratori della sua serie di conferenze, ma anche di avermi chiesto di essere quello che avrebbe aperto il ciclo…l’ho sentito un onore tale che non ho avuto dubbi a rinviare di un paio di giorni la mia partenza per Parigi, città d’elezione degli ultimissimi tempi (ha in effetti rubato un po’ il posto a Barcellona, insomma in questo periodo meglio Ibra di Messi!).
Una conferenza come quella di Palazzo Ducale, pur essendo ormai avvezzo a parlare in pubblico, e sapendo che di solito lo so fare abbastanza bene, è sempre molto difficile da immaginare. Oramai parlare a un congresso per me è un’abitudine. Certo, prima di cominciare c’è un po’ di tensione, a volte ho paura di parlare di cose poco interessanti, ma in fondo il compito non è difficile: più il tema è ristretto, più il pubblico è specializzato, più le cose sono semplici. E poi, sinceramente, i matematici molto spesso sono dei disastri a parlare, certo io sono più di quelli che si ascoltano volentieri, quindi in genere sono abbastanza tranquillo: tra chi mi ascolta sicuramente ci saranno alcuni che pensano stia raccontando stupidaggini, ma sono convinto che pensino anche che non è così spiacevole ascoltarmi (e poi le tecniche per far finta di ascoltare e fare altro sono collaudate tra noi). Una conferenza a un pubblico eterogeneo è molto più difficile… chi avrei trovato a Palazzo Ducale? Che taglio avrei dovuto dare al mio intervento? C’è sempre il rischio di dividere l’uditorio in due parti: che pensa che stai dicendo banalità e chi invece pensa di non star capendo nulla…
Questo succede dappertutto, mica solo a Palazzo Ducale! Però a Palazzo ti viene incontro una persona, e tu, agitatissimo perché ti hanno chiamato a casa per dirti di arrivare prima che c’è RAI EDU che registra e vuole intervistarti, e questo naturalmente manda a pallino la tempistica, dicevo tu ti dici ‘quella persona lì so benissimo che la conosco, ma sto per fare una pessima figura perché non ricordo chi è’, per poi scoprire dopo un secondo che è Marco, un tuo compagno di scuola che non vedi da 15 anni, e che 15 anni fa hai visto una volta alla cena dei trent’anni della maturità, dopo trent’anni appunto che non vedevi più… però Marco era una presenza forte in quei giorni, e tante cose si riaffacciano alla mente…
Oppure gli zii e la mamma, che non mancano mai a uno di questi appuntamenti, e certo loro vengono per amore, e capisci una volta di più che quello che ha radici negli affetti dell’infanzia poi rimane per sempre. O gli amici di tua sorella, che chissà se vengono per salutarti, o per fare piacere a lei, che organizza sempre cene piacevolissime, cui invita anche i sampdoriani, tanto per dire…o qualche cugino di mia madre, esempio di un attaccamento incredibile alla nostra famiglia, per loro così importante.
Poi Giovanni mi presenta, e allora tutto svanisce: ci sono più solo io, insieme con la mia passione per quel che racconto, e che non mi stancherò mai di raccontare, purché ci sia almeno una persona che ha voglia di sentire quelle cose bellissime che ho imparato negli anni passati a fare l’unico mestiere che avrei potuto fare, perché sono nato per quello.