Il Play è stato assassinato, di Andrea Bertozzi
2015
Questo libro mi viene proposto come offerta del giorno da Amazon, ed è ovvio che non ho scelta. Un giallo-noir, per di più ambientato nel mondo dello sport che, per certi versi, amo di più, almeno dal punto di vista estetico (il derby Cantù Milano mi porta a livelli di ansia simili a Genoa Sampdoria). Dunque non ho nessun dubbio a buttarmi nella lettura. Oltre a tutto amo la giallistica italiana, per un motivo banale. Almeno in questi gialli riesco a evitare grottesche confusioni tra i personaggi, cosa impossibile quando, ad esempio, devi distinguere tra Magnusson, Larsson, Landqwist e amenità simili. Dunque sono ben predisposto alla lettura. E in effetti la scrittura scorre veloce e la vicenda si dipana senza troppi intoppi, anche se devo ammettere che il diario scritto al presente di una persona che è morta tutto sommato non mi convince granché. L’autore indulge anche a certe cose alla moda, soprattutto in storie di questo tipo. Ad esempio, la compiaciuta competenza enologica (questa dalla biografia credo effettiva e non millantata). La storia, di cui come al solito non parlo, tutto sommato scivola via, anche se non avvince. Ma non sono questi i problemi. Il primo problema, un editing troppo poco accurato. Un esempio? Possibile che l’unica citazione in Inglese contenga un errore banale? Qua e là poi ci sono sgrammaticature e in ogni caso si vede che né l’autore né alcuno in casa editrice si sono dati la briga di rileggere accuratamente, cosicché qua e là si ha l’impressione di un copia incolla mal riuscito, all’interno di una frase. Quello che però mi ha definitivamente alienato ogni simpatia nei riguardi del libro e dell’autore è che, almeno l’edizione Kindle, contiene un ingiustificato, demagogico, insulso pistolotto social-politico di cui non si sentiva davvero nessun bisogno. Sono davvero stufo di queste analisi superficiali, di queste sterili prese di posizione intellettualoidi in cui si riesce a dimostrare che tutto va a rotoli, che qualcuno è il Male (indovinate un po’ che…), senza nemmeno un accenno di una proposta… e questo alla fine di un libro? Forse per contratto l’autore aveva bisogno di raggiungere un certo numero di bytes?
Da evitare direi… Sembrerebbe quasi un libro auto prodotto da quel che ne scrivi, se così non è la casa editrice ne esce proprio maluccio.
Peccato per l’autore, un’occasione sprecata di farsi conoscere al pubblico attraverso Amazon. Visto che l’editing è ormai una cosa per pochi eletti, ogni autore si dovrebbe impegnare a far rileggere il proprio testo con attenzione ad almeno un paio di persone. Rileggendo, molti errori spiacevoli si eviterebbero!