INTERVISTA A J.F.NASH (2003)
2015
Il 19 Marzo 2003 l’Università Federico II di Napoli ha conferito la Laurea Honoris Causa in Economia a J.F. Nash Jr. Curiosamente, uno dei vincitori del premio Nobel 1994 in Economia non aveva ancora una laurea in questa disciplina! Nella mattina della cerimonia, un Nash abbastanza frastornato dal jet lag e dall’allegra confusione che lo circondava, ha acconsentito a rispondere alle domande che numerosi giornalisti gli hanno proposto. Ero presente, e ho provato a farne un resoconto.
D. Lei è qui per la ricevere una Laurea Honoris Causa: è contento per questo?
R. Certamente, i riconoscimenti sono arrivati abbastanza tardi nella mia carriera
D. Quale futuro vede per la teoria dei giochi?
R. Qualcuno potrebbe pensare che serva a vedere le cose più chiaramente, a prevedere il corso egli eventi. Ad esempio in caso di guerra. Se servisse davvero a ciò, allora non ci sarebbero più conflitti, perché chi fosse destinato a perdere non comincerebbe nemmeno. Io non ci credo. Però può aiutare a capire meglio certe situazioni.
D. Che cosa pensa della guerra?
R. Penso che ce ne sia una imminente, anche se per fortuna non è stata ancora dichiarata.
D. La teoria dei giochi può essere utile in caso di guerra?
R. È già stata usata, per scopi difensivi. Ma la teoria può solo dare una chiave di lettura, e lo stesso si può dire di altre teorie, come ad esempio quella di Machiavelli.
D. Quale applicazione della teoria le piace di più?
R. Mi piace il fatto che può migliorare la cooperazione fra gli uomini e l’efficienza delle istituzioni.
D. Lei oggi ha un approccio diverso alla matematica rispetto a quando era giovane?
R. La differenza sta tutta nella percezione del futuro. Non è molto probabile che possa vivere fino a 120 anni, non è pensabile di rimanere intellettualmente attivo fino a 100 anni. Per cui non è ragionevole pensare di affrontare un problema veramente difficile della matematica: studiarlo potrebbe richiedere 5-10 anni, ed io non ho questo tempo. Preferisco dedicarmi a problemi cui ho già pensato nel passato.
D. Ha deciso di diventare matematico per ispirazione personale o per avere un ruolo leader nella società?
R. Mi sono interessato già da ragazzo alla matematica, ed ho scoperto di avere una certa abilità. Ma ero interessato anche ad altre scienze, come la chimica e la fisica. Il fatto è che una carriera da matematico può essere “pratica” come quella di altre discipline, per esempio l’ingegneria o la letteratura. Dal punto di vista accademico, la matematica non presenta grandi differenze da altre discipline, ritenute più concrete.
D. Che significato ha avuto per lei Princeton?
R. Princeton non è solo l’Università, c’è anche l’importante Institute of Advanced Studies. Quando sono arrivato io c’erano scienziati di grande livello, tra cui Einstein e Von Neumann. Molti di loro erano immigrati.
D. La gente dice che lei è un genio. E lei che ne pensa?
R. È difficile parlare di questo. Se chiedi a qualcuno che potrebbe essere un genio se lo è davvero, la sua risposta sarebbe molto difficile. Se chiedi a Mozart perché lui è un genio e Haydin no, forse ti direbbe che non è affatto sicuro che Heydin non sia un genio.
D. Che cosa ha significato per lei il premio Nobel?
R. Mi ha aperto molte porte. A quel tempo, per ragioni di cui non voglio parlare, non avevo una posizione accademica molto forte. Il Nobel mi ha aperto tante strade, la mia vita è cambiata rispetto a prima, ora ho anche finanziamenti per la mia ricerca.
D. Che cosa pensa dell’approccio di von Neumann e Morgestern alla teoria dei giochi?
R. Hanno dato un grandissimo contributo alla teoria e alle sue applicazioni all’Economia. Il loro concetto di soluzione, che presumibilmente nasce da un’idea di von Neumann, ha delle debolezze, dal punto di vista tecnico. In questo senso l’equilibrio di Nash può essere un’alternativa. Non solo, la loro idea ha portato ad altri importanti concetti di equilibrio, come l’insieme di contrattazione ed il nucleolo. In ogni caso, il loro contributo alle basi della teoria dei giochi e delle sue applicazioni all’economia è stato fondamentale.
D. Che cosa pensa di De Giorgi? L’ha conosciuto?
R. Sì, l’ho incontrato, ma non spesso. Una volta a New York, molto tempo fa. Più recentemente, l’ho incontrato quando ho visitato Bergamo. Ma a quel tempo era già molto malato. Sicuramente è stato un ricercatore di fama internazionale, che ha avuto molti riconoscimenti, molti di più di tanti colleghi, me compreso.
D. Un’ultima domanda. Lei nella sua vita ha incontrato molti John Nash?
R. Ho conosciuto un J.F. Nash, ma ora non c’è più. Era mio padre. Conosco un altro J. Nash, ma non J.F. Nash, lui è J.C. Nash. È mio figlio. Non mi viene in mente nessun altro. Certo, J. Nash non è un nome comune, come potrebbe essere J. Smith.