Malintesi e algebra
2015
Pensavo stamattina a quanto siamo condizionati, nella valutazione di cose e persone, dalle nostre prime impressioni, nonostante i nostri sforzi di essere il più possibile corretti. E’ una cosa che probabilmente subiamo e abbiamo subito, ma anche che applichiamo costantemente agli altri, e non è detto che siamo sempre sottovalutati, anzi. Mi è venuto allora in mente la più curiosa esperienza di questo tipo che ho fatto da studente. Ho frequentato il primo corso di algebra al terz’anno, nonostante sia un corso per matricole, perché venivo da Ingegneria, dove il corso di algebra non esiste: però si fa un po’ di spazi vettoriali e applicazioni lineari in quello di geometria. Ora chiunque abbia fatto, magari al primo anno, un po’ di spazi vettoriali e algebra lineare, sa bene che la prima reazione è di panico assoluto: io raramente mi sono sentito più perduto di quando andavo alle lezioni del Prof. Gallarati che ci parlava di queste cose. Però sono un tipo testardo, anzi molto testardo, e quelle cose le volevo capire, e ci ho sudato su parecchio, fino a digerirle abbastanza bene. Poi c’è da dire che al primo anno vedere nel corso di algebra le definizioni di operazioni algebriche non è esattamente uno zuccherino da digerire: intanto arrivi che sei convinto che le operazioni siano quattro, e cominciano a spiegarti che no, quelle che conosci sono solo due, + e x, perché differenza e divisione non lo sono. Continuano poi a dirti che in realtà, oltre a quelle due, di operazioni ne possiamo definire un mucchio…insomma arrivi a 19 anni all’Università e ti sembra di essere finito in un mondo alieno. Ma se queste cose le vedi al terz’anno, beh allora la musica cambia. Per farla breve, quando arrivo a Matematica, dopo un mese perso di lezioni, al corso di algebra si stanno facendo proprio spazi vettoriali e operatori lineari…per me una manna, li sapevo già. Forse ho fatto qualche domanda o ho dato qualche risposta, fatto sta che un giorno l’assistente decide di chiamare me a fare gli esercizi alla lavagna; aveva l’abitudine di chiamare qualcuno, per vedere come venivano affrontati i problemi, dal momento che si impara molto più a vedere fare cose sbagliate e commentate che a vedere sempre tutto fatto bene. Io educatamente dico che preferisco di no, ma lui insiste. E’ andata a finire che in mezzora, nel silenzio più assoluto, ho risolto tutti gli esercizi che lui aveva preparato per due ore di attività…mi ha guardato risolverli in totale silenzio. Finita la lezione sono andato a parlargli: gli ho detto che ero del terzo anno, che venivo da Ingegneria, che quelle cose le avevo già studiate, che era quello il motivo per cui ero stato riluttante a andare alla lavagna… Il corso continua, e l’algebra insomma mi piace, e la capisco bene. Finalmente si arriva all’esame. Ci sono 20 esercizi (semplici) da svolgere, ognuno vale due punti, il tempo è di due ore, e ovviamente basta farne 15 giusti. Consegno dopo un’ora e me ne vado. Quando il professore ci distribuisce i compiti, dopo avermi fatto vedere il mio 38, che mi ha evitato anche la domanda per la lode, mi ha detto che ero davvero uno studente super. Io gli ho detto che ringraziavo, che certo capivo di aver fatto molto bene, ma insomma gli ho spiegato tutta la situazione, e lui mi ha detto che in effetti era vero che mi trovavo molto favorito rispetto agli altri…
L’anno dopo mi ritrovo lo stesso professore che ci fa algebra superiore (o qualcosa di simile). Siccome siamo in pochi, seguendo il metodo americano ci fa fare compiti a casa, che diventano parte integrante della nostra valutazione. Io come gli altri consegno il primo gruppo di esercizi, che dopo una settimana lui ci riporta corretti. A un certo punto mi guarda e mi dice: per favore, poi venga nel mio studio. Quando entro, mi prende letteralmente a male parole, alza la voce…io gli dico, va bene professore, ho sbagliato un esercizio, succede a me come agli altri. E lui che inveisce ancora di più: non si permetta, uno studente come lei capita una volta ogni trent’anni, e uno così non può fare errori simili, e io che gli racconto di nuovo la storia, ma non c’è verso, lui non mi ascolta. Mi minaccia ritorsioni (nel voto finale) se mi permetto di sbagliare di nuovo nei prossimi compiti…
L’ho sempre trovato una cosa ridicola. Quando mi sono laureato e sono diventato borsista, sono diventato amico dell’assistente più giovane di algebra. E lei mi ha raccontato che dopo la mia performance a esercitazione, l’altro assistente aveva cominciato a parlare di un fenomeno che andava a seguire le sue esercitazioni, e che in un ambiente così piccolo le voci girano…insomma mi ci sono voluti anni a convincerli che sì, forse bravino lo ero davvero, ma assolutamente in media, anzi perfino un po’ sotto… tra i bravini, s’intende. Comunque, in effetti alla fine sono riuscito benissimo a convincerli… anche perché sono passato al nemico, visto che mi sono dedicato all’analisi…