Alcuni pezzi di teoria dei giochi che ho scritto negli anni scorsi
2018
Pensare ingenuo, pensare strategico
La teoria dei giochi vuole affrontare lo studio di problemi che coinvolgono più persone da un punto di vista strategico. Ora strategico è anche una bella parola, ma occorre riempirla di significato, altrimenti si fa retorica… Per questo chiarisco l’affermazione precedente, attraverso un esempio semplice, anche per mostrare come la teoria ci permetta di tirare spesso conclusioni ovvie, ma inaspettate prima di fare un’analisi della situazione. Del resto questa è una delle caratteristiche principali della teoria dei giochi: proporre soluzioni che ci paiono ovvie, ma solo dopo che ci sono state proposte. Ecco dunque l’esempio. Sono in aula, e propongo ai mei tre (quel che importa è che siano dispari, per evitare possibili pareggi, qui scrivo tre per semplificare le cose, di solito ne ho molti di più!) alunni di scegliere tra le due opzioni: un compito molto facile, o un altro fattibile ma assai più difficile. Avete capito subito che chi studia giochi ama mettere le persone in imbarazzo… i miei tre allievi sanno che se chiedono il compito difficile ci guadagnano in reputazione, ma nello stesso tempo un compito più facile è una tentazione irresistibile. E dunque che fare? Visto che chiederò a ognuno di loro di dire pubblicamente e in sequenza che cosa propongono, sarà più conveniente essere il primo interpellato, oppure l’ultimo? E come andrà a finire? L’intuizione ci dice che alla fine darò loro il compito più facile, ma che cosa sperare, essere chiamati per primo, per secondo o per terzo? E’ un test che mi diverto a fare spesso, e che in genere dà lo stesso risultato: la maggioranza vorrebbe essere l’ultimo a votare, qualcuno, molto pochi, vorrebbe essere il secondo, altri il primo. Questo gioco si può facilmente analizzare costruendo il suo albero, e questo ci servirà a capire come generalizzare il ragionamento per portarlo a situazioni più complesse, ma qui possiamo capire la risposta basandoci su un semplice ragionamento. Lasciando perdere chi vorrebbe essere il secondo a votare-chi sceglie questa opzione si basa esclusivamente su qualche suggestione psicologica- e proviamo a immaginare su che ragionamento si basa chi vorrebbe decidere per ultimo. Io credo che sia questo: dal momento che so che i miei compagni, come me, non hanno nessuna voglia di affrontare un compito difficile, meglio che votino prima loro. Voteranno per il compito facile, al mio turno questa opzione ha la maggioranza, quindi io posso votare quel che voglio, e quindi posso fare la mia bella figura!
Perché è sbagliato questo ragionamento, che ho visto fare persino in occasioni di certe delicate decisioni accademiche (voto per ultimo perché a quel punto i giochi saranno fatti, quindi non sono costretto a votare quel che voglio, ma posso votare quel che voglio che gli altri credano sia la mia scelta preferita)?
Perché si può rovesciare completamente! Che succede infatti se il primo annuncia che sceglie il compito più difficile? Succede che gli altri due sono costretti a votare per il compito più facile, perché tra le due alternative non c’è paragone su quel che preferiscono fare… Dunque il primo forza gli altri a fare una scelta, ottenendo così il massimo risultato possibile per sé.
Questo ragionamento si può generalizzare. Ogni volta che un certo numero di persone devono prendere decisioni in sequenza, almeno teoricamente si può procedere andando a vedere come si comporteranno i giocatori che devono prendere la decisione finale. Questa informazione è utile per i giocatori che devono prendere una decisione subito prima di quelli che prendono la decisione finale… e così via. Si chiama metodo di induzione a ritroso. Questo metodo ci insegna che, molto spesso, nei giochi è meglio essere il primo a muovere. Molto spesso ovviamente non vuol dire sempre…ad esempio nessuno vorrebbe essere il primo a giocare a sasso carta forbici! Ma ad esempio nel gioco chiamato del Nim, che consiste nell’avere un certo numero di mucchietti di carte sul tavolo, e i due giocatori a turno tolgono un certo numero di carte dallo stesso mucchietto, e che pulisce il tavolo vince, ebbene mettendo un numero a caso di mucchietti ciascuno con un numero a caso di carte, la probabilità che il primo vinca è molto alta: nel caso di due mucchietti, il secondo vince solo se i due mucchietti hanno lo stesso numero di carte.
«Non si tratta di scegliere quei volti che, giudicati obiettivamente, sono realmente i più graziosi, e nemmeno quelli che una genuina opinione media ritenga i più graziosi. Abbiamo raggiunto il terzo grado, nel quale la nostra intelligenza è rivolta ad indovinare come l’opinione media immagina che sia fatta l’opinione media medesima. E credo che vi siano alcuni i quali praticano il quarto, il quinto grado e oltre» .
Chi scrive queste parole è l’economista J.M. Keynes, uno dei più influenti del secolo scorso, il riferimento principale per chi oggi non ama le politiche del rigore. Keynes, detto per inciso, non ha vinto il premio Nobel per l’Economia, ma ha avuto importanti onorificenze, quali quella Baronetto della Corona Britannica e Barone Keynes di Tilton, Ufficiale dell’ordine di Leopoldo (un’onorificenza belga), ma soprattutto quella di Compagno dell’Ordine del Bagno, che non sarà il Nobel, ma a me sembra davvero bellissima, e probabilmente è molto prestigiosa… Ma a parte questo folklore, a che cosa si riferisce Keynes, con le parole di sopra, e perché sono interessanti per la teoria dei giochi? Si riferisce a un immaginario concorso di bellezza, in cui i votanti riceveranno un piccolo premio se riescono a indovinare chi sarà la donna più votata. Keynes osserva che l’approccio più ingenuo porterebbe a votare quella che ci piace di più, ma che per vincere non bisogna comportarsi così: ed ecco che oggi, come lui osserva, si è arrivati a un terzo livello di pensiero, per cui “la nostra intelligenza è rivolta ad indovinare come l’opinione media immagina che sia fatta l’opinione media medesima”.
In teoria dei giochi assumiamo, almeno quando poniamo i suoi fondamenti, che i giocatori non abbiano nessun limite al livello di pensiero cui possono arrivare: eccone un esempio tanto semplice quanto carino. Che sia carino me lo dimostra il fatto che lo faccio spesso con i ragazzi delle scuole e loro si divertono moltissimo a farlo, soprattutto quelli che vincono.
Il gioco è il seguente: invito tutti i presenti a scrivere il loro nome e cognome su un foglio, oltre a un numero compreso tra 1 e 100. Poi ritiro tutti i foglietti e faccio calcolare da qualcuno la media dei numeri ottenuti; se i presenti non sono molti, con un telefonino a disposizione ottengo una risposta in meno di 5 minuti.
Ora si tratta di stabilire chi vince (o i vincitori, possono essere più di uno). Bene, detta M la media calcolata precedente, vince chi si avvicina maggiormente alla metà di M.
Dunque, che scrivereste voi sul vostro foglietto, e che cosa scrive il teorico dei giochi? Io non posso sapere che cosa scrivereste voi, ma posso spiegarvi che cosa scrive il teorico dei giochi, che certamente non vince, ma avrà almeno la soddisfazione di scrivere la risposta giusta. Ricordiamoci che il teorico dei giochi sa di essere una persona perfettamente razionale, ed assume che anche gli altri lo siano.
Ecco allora il ragionamento:
Primo livello di pensiero:
M ovviamente non può essere maggiore di 100, visto che a nessuno è concesso di scrivere un numero maggiore. Dovendo cercare di avvicinarmi alla metà di M, dunque non ha senso scrivere un numero maggiore di 0,5 x 100= 50.
Secondo livello di pensiero:
questo ragionamento viene fatto da tutti i giocatori, per cui nessuno scrive un numero maggiore di 50. Allora in effetti M non può essere maggiore di 50. Dovendo cercare di avvicinarmi alla metà di M, dunque non ha senso scrivere un numero maggiore di 0,5 x (0,5×100) = (0,5)2 x 100= 25
…
Ennesimo livello di pensiero:
questo ragionamento viene fatto da tutti i giocatori, per cui nessuno scrive un numero maggiore del numero k trovato al livello (n-1). Allora in effetti M non può essere maggiore di 0,5 k. Dovendo cercare di avvicinarmi alla metà di M, dunque non ha senso scrivere un numero maggiore di 0,5 x (0,5 k) che con un conto molto semplice si vede essere (0,5)n x 100
Ricordandoci che questo ragionamento siamo in grado di farlo per ogni numero naturale n, e ricordando che (0,5)n diventa sempre più vicino a zero (in termini pomposi si dice che tende a zero quando n tende a più infinito), la risposta inesorabile è quindi che dovremmo scrivere tutti 1, il più piccolo numero che ci è concesso scrivere.
Naturalmente chi scrive 1 può scordarsi di vincere. Una piccola ma interessante osservazione è che ho scelto la regola di avvicinarsi alla metà di M, ma si arriverebbe allo stesso risultato anche se avessi scelto di avvicinarsi a 0,9 M, o anche a 0,99 M. Eppure potete scommetterci che se proponete di moltiplicare M per un numero molto vicino a 1, le risposte medie delle persone saranno ben più grandi di quelle che avrete chiedendo di moltiplicare M per un numero molto vicino a 0.
(La citazione è presa da J.M. Keynes, General Theory of Employment, Interest and Money, Palgrave Macmillan, London 1936; trad.it. Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, a cura di T. Cozzi, Utet, Torino 2006, p. 342).
Che fare se si presentano gli alieni a casa nostra?
Un giorno una rivista ha chiesto a me e ad altri di scrivere 20 righe sul tema: che fare se si presentano gli alieni a casa nostra? Io avevo risposto in questo modo.
Gli alieni si presentano a casa nostra. Che fare? E soprattutto che cosa NON fare? Partiamo da una premessa. Si è verificato un avvenimento che aveva probabilità molto piccola! Questo succede più sovente di quel che immaginiamo, ma in genere le situazioni che tali avvenimenti improbabili ci propongono sono inusuali, e quindi richiedono di riflettere. Quindi l’unica cosa veramente indispensabile da fare è: non dare nulla per scontato. È chiaro che saremo di fronte a esseri super intelligenti, perché non c’è dubbio che arrivano da lontano, e dunque sono stati in grado di fare un viaggio lunghissimo. Siccome ci crediamo anche noi intelligenti, potremmo aspettarci che capiscano i nostri discorsi. Nulla di più sbagliato! Un grande pensatore ci ha insegnato che neppure una cosa semplice come l’aritmetica può certificare la sua completezza e la sua coerenza, figurarsi il nostro pensiero! Non solo, ma l’idea di infinito, che oggi ci è necessaria per una comprensione più profonda delle cose, ha distrutto la comoda credenza che la logica, la semplice logica, sia un linguaggio universale e necessariamente unico. Oggi, sappiamo che si possono utilizzare molteplici logiche, che a volte dicono cose assai diverse…e se le nostre menti intelligenti ma limitate sono capaci di immaginare molte logiche possibili, quanti saranno i modi per esprimersi intelligentemente? Davvero così tanti da non poterli neppure immaginare. Per questo, la nostra intelligenza e quella dell’alieno saranno così diverse da non riuscire a capirsi, almeno all’inizio. Solo se non daremo nulla per scontato avremo una possibilità di dialogo.