LUCIA

mar
2013
14

scritto da on Home

1 commento

Ieri, martedì 12 Marzo, dopo una mattinata passata nello studio a fare le solite cose, compresi un paio d’esami abbastanza innervosenti, alle 14 ho preso il Frecciarossa per Roma, dove l’indomani mi aspettano un seminario alla Sapienza e una presentazione in una libreria. Il viaggio è comodo, il treno non è né troppo rumoroso né troppo pieno, l’unico problema i signori che si prendono il biglietto nella zona silenzio per fare/ricevere poi almeno una decina di telefonate in tre ore. Il bello è che quello davanti a me sono sicuro che si senta particolarmente educato, visto che parla sì, ma con una mano davanti alla bocca, per rendere il rumore più soft. Devo ammettere che non è fastidioso, quindi non reagisco e mi metto a lavorare un po’. Il treno è ottimo per questo. Nonostante il treno assicuri la connessione internet (a pagamento), nonostante questa non serva perché l’Ipad è connesso con lo stesso sistema 3G (gratis), navigare in Internet per mail varie (mania ossessivo-compulsiva, ahimé) è spiacevole perché data la velocità del treno la connessione è lenta e difficoltosa. Meglio così! Nello zaino giacciono parecchie cose da leggere, e questa è un’ottima occasione per dedicarmici senza distrazioni.  E così faccio, fino all’arrivo alle porte di Roma, quando decido di aprire l’Ipad e dare un’occhiata a Facebook. Ho resistito parecchio a FB, poi un anno che al mare mi annoiavo Alberto mi ha iscritto, e da allora mi diverto a spiare colleghi, studenti o ex-studenti  ecc ecc. C’è di tutto su FB, ed è davvero uno specchio divertente e deformato delle persone. Deformato sì, ma la figura deformata proviene sempre da qualcuno…così c’è il collega che fa il serio e l’importante all’Università, chiede l’amicizia ai colleghi poi scrive barzellette stupide e sconce, altri che informano amici e parenti dei loro movimenti (almeno quelli che li mettono in buona luce) fidanzati che si scrivono mi piace a vicenda, insomma un campionario futile e divertente, per 5 minuti max al giorno. MI sono dilungato su questi aspetti, per mettere in evidenza l’approccio minimalista e poco serio di quando si legge FB, o meglio io leggo FB. Si può capire quindi il martellamento improvviso e violento del cuore quando in un post leggo

In memoriam

E vedo la foto di una collega di Via Saldini di tanti anni fa. Ma come? Lucia? Lucia De Biase non c’è più, ma come è possibile? Lucia ha trentacinque, o forse quarant’anni… No Lucia non ha quarant’anni, li aveva quando li avevo io,  e io non ho più quell’età.  Ma lei per me ha ancora quarant’anni…

Nel 1983 sono andato a Milano, prendendo un incarico in Statale, visto che avevo moglie e figlio in Brianza. Non avevo grandi contatti al dipartimento di matematica di Via Saldini, per cui spesso ero solo. Il mio studio era imbucato in una stanza del palazzo, tranquilla e comoda, anche se con la finestra che dava in un cortile chiuso per cui a luglio bastava respirare per essere fradici di sudore, visto che non c’era la minima circolazione d’aria. Per andare nello studio passavo davanti ad un altro studio singolo e molto piccolo, con la porta spesso aperta. Dentro c’era Lucia. Va da sé che cominciamo a salutarci, poi a scambiare qualche chiacchiera. Basta poco per prendere l’abitudine di andare a mangiare qualche panino assieme, fino al punto che questa diventa una bella abitudine, almeno nei giorni in cui i nostri orari sono compatibili. Si parla di tante cose, ovviamente del lavoro, ma anche dei figli (lei Davide, io Andrea) e delle spesso turbolente dinamiche familiari.

Il ricordo più dolce che ho di lei è che un giorno d’inverno, o forse di autunno avanzato, usciti da un bar per il canonico panino, mentre come al solito stavo parlando a mitraglia lei mi ha interrotto, dicendomi:

scusa, ma devo proprio dirti una cosa: puoi dire a tua moglie che ti dia qualcosa di pesante da metterti? Fa un freddo cane, ma tu non te ne sei ancora accorto…

Non voglio far retorica. La nostra non è stata un’amicizia, non so che cosa avesse davvero dentro, non so se i nostri caratteri fossero adatti, e quando sono poi partito per l’America il contatto con lei è naturalmente cessato. Per non riprendere al mio ritorno, anche perché pur restando di base a Milano ho cominciato a vagare per sedi staccate. Ma rimane il ricordo di quella forma di accoglienza in Via Saldini che ha il suo volto, rimane il fatto che per me lei ha ancora quarant’anni e non riesco a credere che una malattia l’abbia portata via (come se una malattia non possa portare via anche a quell’età).

Lo so, sono così scombussolato per una forma estrema di solipsismo, sto improvvisamente accorgendomi che il tempo è brutalmente passato anche per me. Credo, spero di avere ancora tante belle cose davanti, ma molto è passato. Da domani, tutto questo si stempererà, ma mi conosco: Lucia ritornerà di tanto in tanto nei miei pensieri, e i miei occhi invisibili rivedranno il suo volto.

Non credo che sia opportuno scrivere post lunghi, ma questo è un  omaggio che le ho voluto fare.

Ciao Lucia

One comment on “LUCIA

  1. Simone on said:

    Quando sono stato assunto in Bicocca, ho affiancato Lucia nel corso di matematica per biotecnologi, che lei teneva per affidamento da tempo. Le ho telefonato per chiederle qualche consiglio, e lei mi ha accolto come un collega di vecchia data, invitandomi ad essere autonomo nelle mie scelte didattiche. Non mi ha mai fatto pressioni, non mi ha mai imposto di adeguarmi ai suoi metodi di gestione del corso, come forse avrebbe potuto fare. Per anni ci siamo visti per la sorveglianza durante gli esami, e restavo ammirato per la risolutezza e l’autorevolezza con cui allontanava gli studenti impreparati.
    Eppure, nonostante le percentuali di insufficienze decisamente elevate, i suoi studenti la adoravano. Il giorno della sua dipartita, ho perfino ricevuto la telefonata di una sua ex allieva, che ora vive negli Stati Uniti e che non si capacitava della notizia letta su Facebook.
    Le ho sempre invidiato la capacità di essere stimata seppur severa.
    Una mattina, stavamo sorvegliando i nostri studenti, io avevo la tosse; la mia solita tosse secca e fastidiosa, che passa solo quando vuole lei. Lucia, da fumatrice accanita, mi guarda e mi dice: “Per la tosse, sono consigliate le pastiglie balsamiche.” Quella frase mi è rimasta impressa con una certa tenerezza.

    Da anni conoscevo il suo stato di salute, e sapevo che il momento fatale stava avvicinandosi. Ma sono rimasto comunque scosso, e non mi sembra vero che Lucia non insegnerà più i limiti e le derivate alle matricole.

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